La Corte costituzionale, con la Sentenza n. 72 depositata in data 23 maggio 2025, ha dichiarato la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione siciliana numero 15 del 1991, nonché, in via subordinata, dell’art. 32-33, undicesimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), come introdotto, limitatamente alla Regione siciliana, dall’art. 23 della legge della Regione siciliana 10 agosto 1985, n. 37, sollevate dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (CGARS).

Si ricorda che l’art. 2, comma 3, della L.R. n. 15 del 1991 prevede che: «Le disposizioni di cui all’articolo 15, primo comma, lett. a, d, ed e della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, devono intendersi direttamente ed immediatamente efficaci anche nei confronti dei privati. Esse prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi».

Le questioni sono sorte nel corso di giudizi d’appello avverso sentenze che hanno respinto impugnazioni di provvedimenti comunali di diniego di domande di condono edilizio (e delle conseguenti ordinanze di demolizione), relative a opere costruite in assenza di titolo abilitativo a meno di 150 metri dalla battigia, dopo il 31 dicembre 1976 e sino al 1° ottobre 1983: data, quest’ultima, entro la quale le opere dovevano essere ultimate per beneficiare del cosiddetto “primo condono edilizio” di cui alla citata legge reg. siciliana n. 37 del 1985, che ha disciplinato le modalità di applicazione nel territorio regionale della legge n. 47 del 1985, apportandovi sostituzioni, modifiche e integrazioni.

Nel merito la Corte ha ritenuto che la disposizione del 1991 abbia interpretato autenticamente la norma del 1976, chiarendo ciò che nel testo di quest’ultima poteva risultare non chiaro: ovvero che il divieto di costruire entro 150 metri dalla battigia valesse direttamente fin dal 1976 per i privati e non solo ai fini del suo inserimento nei piani urbanistici.

La Corte ha altresì affermato che la disposizione di interpretazione autentica non ha leso un legittimo affidamento sulla possibilità di sanatoria edilizia, affidamento che, secondo il CGARS, sarebbe sorto con l’entrata in vigore della citata legge regionale del 1985 sul condono (articolo 23). La Corte ha osservato che la legge regionale del 1985 sul condono non era suscettibile di ingenerare nei privati un affidamento di questa portata, essendo determinanti in tal senso le leggi regionali sopravvenute a quella del 1976 sino alla disciplina condonistica del 1985, dalle quali poteva inferirsi la non condonabilità. Ai proprietari delle opere abusive, dunque, non poteva riconoscersi sul punto alcun meritevole affidamento.